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Le parole sono importanti.

Ci faccio caso più spesso ormai visto che le uso parecchio su questi schermi. E ci penso almeno ogni volta che faccio un colloquio (non me ne voglia il mio capo), quando parlo con un medico e anche quando semplicemente non mi capisco con qualcuno. Perché sembrerà strano ma non per tutti le stesse parole vogliono dire la stessa cosa. E cambiando l’ordine degli addendi, nel caso delle parole, il risultato cambia.

Ho una lista lunga di cose dette da medici con un modo che mi ha fatto girare le scatole. E ormai ho una lista lunga di cose che mi hanno fatto girare le scatole anche in un colloquio.

Ogni tanto ripenso a certe cose uscite dalla bocca del mio interlocutore e in tal proposito, a volte (non sempre ci tengo a precisarlo), mi è capitato di pensare…che tipo di corso di comunicazione avrà fatto la persona che mi ha colloquiato? Anzi…Lo avrà fatto? Chissà…Perchè un po’ di formazione sulla comunicazione sarebbe utile a tutti ma a maggior ragione a chi ha a che fare tutti i giorni con persone. Le chiamano risorse umane, altrimenti sarebbero “motori computazionali d’assunzioni”.

Selezionare il personale è una responsabilità molto grande e consentire ad una persona di avanzare verso quelle porticine che ti consentono di essere assunto è una responsabilità enorme.

Cambia la vita alle persone.

Io a volte vorrei dire questo, a qualche recruiter che ti dice “le restituisco feedback entro stasera” e poi fa ghosting come il peggiore dei Tinder date. Io glielo vorrei ricordare che ha la facoltà di cambiare la vita alle persone. Glielo vorrei chiedere a cosa pensava mentre dava il suo poco velato giudizio su quello che hai fatto nella tua vita, senza considerare che dietro ogni cosa c’è sempre una persona con una lista lunga di perchè che si porta appresso.

Mi piacerebbe che ci fosse empatia nel capire chi si ha davanti. Capisco però che non c’è neanche qui accanto a noi, nelle persone che si incontrano in fila al supermercato. E le persone sono le stesse. Ma servirebbe questa empatia. Servirebbe quella voglia di guardare oltre.
Se bastasse il numero di progetti svolti con successo, le competenze tecniche dichiarate, il dato sulla retribuzione e il voto di Laurea a determinare se vai bene o no per un certo posto, basterebbe una intelligenza artificiale anche lì. Ma se servono le persone ci sarà un motivo. Diamogli importanza allora al lato umano di colloquianti e colloquiati.

Recentemente ascoltavo un’amica, che raccontava che per ben due anni, mentre studiava e viveva a Roma ed il fine settimana tornava in Molise, portava sempre con sè un pesce rosso. Mentre lo raccontava abbiamo riso tutti. Alejandro, il nome del pesce, era stato vinto ad una fiera e da quel giorno, volente o nolente, era diventata responsabile di un essere vivente che non parla ma nuota in uno spazio piccolo, mangia e fa i bisogni come qualsiasi altro essere vivente. Beh, la ragazza, per prendersi cura del suo pesce, non potendo rinunciare a viaggiare, se lo è portato in viaggio da casa a casa da regione a regione, impacchettandolo come un trasporto speciale.

Io non avevo mai sentito prima qualcuno che si fosse portato in viaggio un pesce rosso quasi ogni week end. Fatto sta che questo pesce ha avuto una vita lunga quasi dodici anni. Come un cane longevo. Alejandro è stato un pesce fortunato e anche amato molto più di altri pesci. Ma questo aneddoto da fumetto, oltre che far sorridere, la dice lunga su alcune qualità della persona che ha deciso di portarsi in giro quel pesce. Beh, ora è una manager e io a lei affiderei un progetto importante, sapendo che non mollerebbe mai, come non ha mollato quel pesce rosso.

Nel mio piccolo, le affido i miei pensieri, conoscendo la sua affidabilità. E forse, paradossalmente, se raccontassi ad un recruiter un aneddoto del genere, che potrebbe far ridere, dovrebbe ritenere una fortuna l’avere davanti una persona del genere. Per inclinazione tenace, caparbia, altruista, e che prende decisioni con fermezza nonostante le difficoltà, anche sotto stress. Una che ha la stoffa per fare la manager.

Chissà se negli ultimi colloqui, però, le hanno chiesto solo quante certificazioni ha…

Forse nell’era dell’intelligenza artificiale, invece di sostituirsi ai bot con delle domande statiche, potrebbero chiederci aneddoti, qualche guizzo della nostra vita. Come abbiamo superato una malattia, come abbiamo fatto a conciliare una separazione con un ex marito o ex moglie con la lucidità richiesta ogni giorno sul lavoro.

Insomma, come facciamo a risolvere i problemi della nostra vita?

A volte ci impressioniamo positivamente quando dei personaggi, degli sportivi, dei famosi raccontano come hanno superato una malattia ad esempio e diventano dei role model, giustamente. Perché non guardiamo anche qualche buon esempio tra noi comuni mortali che non abbiamo un milione di follower?

Credo che servano buoni esempi che riportino un po’ i piedi per terra. Invece siamo artificiali, finti perfetti, portiamo avanti progetti on time e on budget ma magari non sappiamo reagire quando dobbiamo supportare una persona del nostro team che sta attraversando un periodo grigio. Molti di noi farebbero morire il loro pesce rosso, credo…Io penso che si debba indagare un po’ più su chi si ha davanti e non solo sul cosa fa chi ha davanti. Sempre che chi si ha davanti ne abbia voglia, ovvio. Quasi tutti possono imparare a portare a termine dieci progetti insieme. La differenza è come lo faranno. Io penso a chi ha fatto vivere dodici anni un pesce rosso. Peccato non si possa scrivere sul cv. Sarò strana ma stimo chi non farebbe morire il suo pesce rosso a costo di farlo viaggiare con sè in treno come una borsetta di Gucci e ritenendolo prezioso come una scatolina con un brillante. Se avessi la possibilità di scommettere su di lei, lo farei.

In amicizia, già l’ho fatto.


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