
Mi piace scrivere di quello che mi colpisce.
Anche se quello che ti colpisce è un nuovo bar, che incroci con la coda dell’occhio mentre stai andando di fretta verso l’ufficio, con il computer su una spalla e la borsa sull’altra, di nuovo, dopo un anno e mezzo di lavoro da casa a fare la spola tra il salone e la camera.
E se un bar mi colpisce, ci entro. La curiosità è donna ed io sono inequivocabilmente donna.
È nuovo. È carino. È accogliente. E io sto cercando, in cuor mio, un nuovo posto preferito per fare colazione la mattina quando verrò in ufficio. Odio la routine ma mi piacciono i posti preferiti e un posto diverso è quello che cerco.
Entro, mi guardo in giro, poi distrattamente alzo gli occhi, tiro fuori il portafogli e chiedo alla ragazza dall’altra parte del bancone se per favore mi può fare un caffè, che non mi sento ancora pronta per questo nuovo Lunedì e non mi resta che puntare tutto sull’aiuto sempreverde del caffè.
Lei mi guarda e mi dice “Certo cara, un caffè normale?…Ma tu…tu sei…quella ragazza…”.
La vita ad inizio 2022 ci costringe a riconoscerci da un numero molto piccolo di dettagli, che sono quelli che ci lascia liberi quella mascherina stretta stretta che ci incornicia il volto ormai da due anni. Un particolare che la pandemia ci ha lasciato libero è il nostro sguardo, senza naso e bocca, come in un gioco di società nel quale devi indovinare il personaggio misterioso.
Per quanto riguarda me, entra in gioco la mia arcata sopraccigliare che si alza e si abbassa come se fosse un cartone animato, che segue gli occhi che brillano quando rido anche sotto due mascherine, che non è capace di nascondere quasi niente e cerca impaziente di comunicare quasi tutto senza chiedermi mai il permesso.
Guardando la ragazza dall’altra parte del bancone anche io riconosco lei, carnagione scura ed eyeliner perfetto, che sembra quasi tatuato. Me lo ricordo, quell’eyeliner così perfetto.
E lei riconosce me, dicendomi che sono inconfondibile tra mille, e io ci resto un po’ così, perché non pensavo di essere riconoscibile, figuriamoci tra mille.
Penso che sia bello riconoscersi, anche se sono passati anni da quando andavo ogni tanto a pranzo in quel posto lì del quale adoravo la gentilezza delle persone che ci lavoravano, compresa la ragazza in questione e suo padre, che chiaramente lavoravano in un altro posto e ora hanno aperto questo nuovo bar.
E penso che sia bello riconoscersi per gli occhi espressivi anche sotto la mascherina anche mentre sbuffi prima di andare al lavoro, per l’eyeliner perfetto o perché si è a vicenda gentili, si dice buongiorno, buonasera e un bel grazie col sorriso stampato anche quando dentro ti rode profondamente ma te lo tieni ovviamente per te. Sarà che la gentilezza o l’educazione sono virtù rare al punto da farsi riconoscere quando ci sono.
Penso che sia bello incontrare le persone e guardarsi negli occhi chiedendo in un Lunedì mattina “Buongiorno, come va?”, sentire che riesce a passare del calore tra le pieghe delle proprie giornate strane e tra gli spiragli sotto le mascherine. E pensi che sia bello incontrare le persone dal vivo di nuovo e scambiarsi della gentilezza. E scegliere. Anche scegliere il tuo nuovo bar preferito che ti aiuterà con un caffè e qualche sorriso a farti iniziare bene la settimana. E pensi che sia bello poi concludere che la differenza nelle tue giornate, nel bene e nel male, non la fa solo quello che fai ma alla fine la fanno sempre loro. Le persone che incontri.