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Facebook ultimamente mi ricorda molto spesso che potrei scrivere qualcosa per restare in contatto con le persone che seguono questa pagina. Facebook ha perfettamente ragione.

Quello che Facebook non considera è che dietro alle sue pagine ci sono persone che credono che non sempre si debba dar fiato ad ogni pensiero ma che per farlo, i pensieri debbano essere almeno un po’ in ordine, anche per rispetto di chi c’è dall’altra parte e che spende qualche minuto per leggere.

Facebook non considera neanche che dietro le sue pagine ci sono persone che vivono varie vite ed in determinate fasi della loro vita le pause, in generale, possono essere tanto importanti quanto i momenti di evidente movimento.

Ogni tanto è naturale sentire la necessità di schiacciare il bottone antipanico, quello rosso grande, facile da individuare, che fa suonare gli allarmi e fa scappare tutti. Quando si è nel panico, appunto, lo si schiaccia in gran fretta, per sentire un po’ di sollievo e può capitare di non capire neppure cosa sia successo mentre tutta quella gente, te compreso, scappava.

Altre volte basta schiacciare sul tasto Stop, in maniera più calma, senza tanto clamore, sentendo solo un clic come il più semplice dei walkman anni ’90 o del tutto silenziosamente, come qualsiasi telecomando.

Altre volte l’unico nostro desiderio è che tutto intorno si fermi, si congeli per tanti secondi, minuti, giorni o addirittura mesi o anni, in attesa di comprendere, calmarti o capire meglio qualcosa. Questo qualcosa potrebbe essere anche soltanto conoscere meglio se stessi.

Tuttavia, visto che non si può congelare nulla se non il cibo nel freezer e visto che anche quando ci mettiamo in pausa tutto intorno a noi continua a girare in maniera vorticosa, non si può fare altro che prendere atto delle notifiche di Facebook che ti rimproverano per la tua assenza fino al giorno giusto, quel giorno in cui si può provare a pigiare di nuovo Play.

Quando premi Play e non stai guardando un film, ti accorgi che non stai ricominciando proprio dal minuto in cui avevi schiacciato Stop ma nella vita vera non puoi scegliere il minuto dal quale riprendere, quindi premi il tasto Play del qui ed ora. Qualunque cosa accadrà dopo, comunque tu ripartirai da lì.

Nel frattempo questa fase di stop nella maggior parte dei casi sarà stata comunque utile.

Chi si prende delle pause capisce a posteriori che spesso, queste, sono più piene che vuote. Nelle pause prendi fiato, respiri, persino in città i semafori rappresentano quelle pause che sono fondamentali per non andare a sbattere.

Forse a volte si sottovaluta anche quanto possano essere importanti i momenti di Stop e quanto possa dar più gusto schiacciare Play,  dopo una pausa che sembrava inutilmente vuota o solamente dolorosa invece era inspiegabilmente zeppa di tanti contenuti diversi al punto da farti esplodere ma che magari ti porta piano piano a ricominciare a scrivere alcune righe per ritornare ad abitare anche questo luogo proprio qui, in un preciso qui ed ora, sincronizzandosi proprio in quel minuto lì, che non è giusto e non è sbagliato ma è quello in cui premi Play, dopo aver compreso che i momenti di pausa non devono essere mai sottovalutati.

Questo post è dedicato a tutti quelli che si sono trovati a dover prendere una pausa di qualsiasi genere, per scelta o per forza, con l’augurio per tutti che la pausa sia solo un volano per prendere una vigorosa rincorsa.

Buon Play a tutti.


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