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Bene. Avevo scritto qualcosa che il mio computer non so come ha deciso di farmi sparire. Lo riscrivo. Usando parole nuove ma tanto il concetto mi è chiaro, molto chiaro.
Nasce dalla considerazione che non c’è proprio niente da fare, non so se superati i trenta il mio spirito di osservazione sia improvvisamente aumentato o se essere trentenni oggigiorno abbia delle connotazioni talmente interessanti, strane ed evidenti che a me piace osservarlo. La trentitudine è un fenomeno. Come i millenials. Solo che noi siamo i trentenni. Se non fosse un fenomeno non avremmo piacere a condividere riflessioni sui nostri anni con qualcuno come noi. Non ci sentiremmo in compagnia. Invece lo siamo. Siamo trentenni. Cantiamo le stesse canzoni e siamo cresciuti con gli stessi cartoni animati. E siamo tanti. Io ne faccio parte. E mi piace osservarci mentre la vivo la mia trentitudine. Quando parlo con i miei amici, quando sento parlare di conoscenti, quando ricevo una telefonata o vengo inserita nell’ennesimo gruppo di whatsapp. Quando esco con un gruppo di sole donne oppure a cena con un ragazzo. Con un ragazzo troppo serio e noioso o con un ragazzo simpatico e sorridente. Quando frequento trentenni italiani e quando all’estero. Quando parlo della mia vita a persone di cinquanta o sessant’anni. O novanta.
Osservo alcune sfumature che vedo nella tavolozza che mi hanno dato per dipingere la mia vita. Scrivendo di trentenni non faccio altro che leggere semplicemente con più attenzione tra le righe che di solito viviamo ma non scriviamo. Cerco di tradurre le cicatrici che ho sulla mia pelle e che sono sulla pelle delle persone, sia che mi sono accanto sia più lontane ma che sono sulla stessa nostra grande e bella barca che naviga in un mare, a volte agitato, a volte calmo. Beh c’è un po’ di confusione quindi. Ho scritto un libro su due trentenni ma ho ancora tanto da dire. Non sapete quanto.
Oggi riflettevo sulle telefonate, ad esempio.Mi raccomando, non voglio mai generalizzare. Prendo solo spunto da alcuni scampoli di vita che osservo.
Intorno a me, le telefonate sono sempre meno. E non è solo il tempo che le fa ridurre. Ma è anche la varietà di canali sui quali possiamo comunicare ogni giorno a tutte le ore, più velocemente ed in maniera teoricamente più efficace, mentre facciamo altro. Le chat, ad esempio. Comunicazione immediata ed efficiente.Dare in mano una comunicazione immediata, efficiente e anche sintetica ad un ragazzo trentenne di sesso maschile, equivale a fornirgli un alibi per non fare più una telefonata, nè alla fidanzata nè alla mamma. Se lo stesso obiettivo lo raggiungo in un minuto chiedendoti a che ora ci vediamo per chat mentre sono in bagno, perché aspettare di uscire dal bagno, perdere tempo e alzare il telefono? Quando poi sicuramente dall’altra parte l’interlocutore sarà una ragazza o una madre affettuosa ma di base logorroica o comunicativa che ricevendo una telefonata avrebbe voglia di chiacchierare di cose futili e sapere addirittura cosa hai mangiato a pranzo. Perché, perché chiamarti? Lui resta in bagno, scrutando il cellulare e saltando da uno swipe su Tinder alla chat di whatsapp, passando per Instagram. Dopo aver sbirciato Facebook. Tutto in maniera efficiente e razionale, dal suo quartier generale preferito. Il bagno.
Tra amiche è diverso ma a tratti simile. Però attenzione, la comunicazione è il nostro campo. Solamente che la specializzazione nella quale siamo infallibili è la comunicazione inutile. Sì. Usiamo molto di più whatsapp. Ci mandiamo foto su ogni gruppo a qualsiasi ora dalle 7 di mattina fino a tarda sera. Rispetto ai ragazzi abbiamo argomenti diversi. Non ci sono foto di modelle seminude o angeli di Victoria Secret. Ci mandiamo telecronache in diretta di Pechino Express e di X Factor. Screenshot del costume che abbiamo visto indossare ad una blogger su Instagram con commento invidioso al veleno, tipo “sarà photoshoppata, la odio”. Foto della Ferragni. Screenshot di conversazioni (sì lo so che non si dovrebbe fare) che danno adito al pettegolezzo frizzantino e chiacchiericcio del giorno che ci piace tanto. E senza il quale sembra che non viviamo. Lamenti. Richieste di consigli su abbigliamento da indossare in caso di uscite con ragazzi, per le amiche single (la risposta indirizzata a me è sempre “quello che ti fa sentire a tuo agio” perché ho evidentemente amiche sagge). Foto che documentano l’outfit indossato prima di uscire con quel ragazzo (che poi magari è anche noioso e non vedi l’ora di tornare a casa quindi hai sprecato messaggi inutili). Lamenti sullo svezzamento dei figli (siamo o no trentenni?!). Consigli “al volo”, ma che impieghiamo più a scrivere su whatsapp piuttosto che se chiamassimo. Informazioni di gossip. Lo sfogo sul lavoro che è una palla e vorrei stare a casa o al mare perché fuori c’è il sole come direbbe una canzone di…Lorenzo Fragola mi pare. E poi…poi per le cose più lunghe ci sono i messaggi vocali. Vera disperazione nelle chat tra amiche. Comodi eh. Ma siamo troppo poco sintetiche per usare i messaggi vocali. E’ la natura che ci ha dotato di parlantina. Se questi messaggi vocali fossero utilizzati come messaggi per comunicare qualcosa di secco e puntuale sarebbero anche semplicemente utilizzati bene e per il loro scopo. Invece noi li usiamo come Walkie Talkie. Botta e risposta. Passo e chiudo. E stiamo lì a mandarci botta e risposta. Una comunicazione frammentata. Asincrona. Impersonale. Non possiamo neanche farci una risata insieme in un messaggio vocale. Casomai ridiamo da soli mentre ascoltiamo il messaggio che ci è stato inviato minuti fa! E l’altro ascolterà la risposta ma non la nostra istintiva reazione al suo messaggio. Tutto questo, quando tu starai già facendo altro. Il tuo umore avrà addirittura avuto il tempo di cambiare.
Però…sì c’è un però. Io alcune persone le chiamo ancora. E ho ancora il morbo anni ’90 delle telefonate fiume, quelle per cui si chiamava un numero della SIP per “sbloccare il telefono” che restava troppo tempo occupato, in caso di urgenze. Che belle le telefonate fiume. Mia nonna passava ore al telefono con la sorella che abitava al piano di sotto. Oggi sembrerebbe senza senso eh? Ma io ho quell’esempio lì.
Noi perdiamo tempo sulle chat a scriverci a rincorrerci, e forse hanno ragione quelli che le usano in modo sano, senza eccessi. Forse hanno ragione loro, ad esempio i ragazzi maschi. Che per natura sono portati ad usarle in modo più sano. Oppure che scelgono di chattare e basta e non chiamare. Fanno una scelta almeno. Razionale. Non perdono tempo. O comunicano in un modo o in un altro. Basta che raggiungano l’obiettivo. Io invece a volte mi sento dipendente da queste chat. Addirittura se non rispondo a mia madre lei si preoccupa. Se non rispondo ad un gruppo, si scocciano. Abbiamo la sindrome della spunta blu.
A volte mi piacerebbe rallentare, tornare ai tempi nei quali l’unica possibilità sarebbe stata chiamare a casa. Sono nostalgica. Anche se io conosco quella sensazione di chiamarsi a casa a dieci anni e a quindici anni. Non la conosco a trentaquattro anni. Però sarei curiosa. Sono sicura che se un giorno avessimo di nuovo solo i telefoni fissi saremo all’improvviso tutti nel panico. Perché ormai abbiamo queste abitudini e indietro non si può tornare facilmente. Però…avremmo tanto tanto tempo in più! Per vederci invece che chattare. E io va beh, si è capito che sono un po’ amarcord. Che le telefonate le faccio e le persone mi piace guardarle in faccia.
Ecco, però mi dispiacerebbe per chi ha amici e fratelli o figli lontani, perché questa tecnologia ci aiuta tanto ad essere più vicini soprattutto quando siamo più lontani. E questo aspetto vale oro. E’ preziosissimo. Però per il resto va beh, forse dovremo farne un uso più limitato. Più razionato. Così forse è troppo. E lo sarà sempre di più. E io a volte non ne posso più.
Anche perché so solo che io perdo tempo. Sì, chi è un po’ all’antica ma è anche high tech ci perde.  Perché chi come me ha mille canali, quelli antichi e quelli nuovi, li usa tutti. Perchè non può fare a meno della vecchia cara telefonata con la sua amica del cuore. E allora, ecco che “stai sempre al cellulare” me lo sono meritato. Un po’ umiliante per una trentenne. E’ più una sgridata da adolescente. Ma se ci penso a volte con questo cellulare mi sento proprio una perdigiorno. Perché poi per la serie “il troppo stroppia”, io non rinuncio ai nuovi canali ma sono legata al vecchio con nostalgia canaglia. E quindi non rinuncio alle telefonate fiume. Allora…allora nulla…sono della peggior specie di trentenne e me ne farò una ragione. Forse farò solo la fortuna degli operatori telefonici.
Tanto lo so che continueremo tutti a stare attaccati a questa lucina dell’iphone a ridere da soli come scemi cercando una presa per ricaricare il telefono come acqua nel deserto o una wifi come se stessimo aspettando il messaggio della vita. Tanto, quel messaggio importantissimo, quando lo aspetti non arriva mai.
Ora scusate devo andare, mi è appena arrivato un messaggio vocale da una mia amica. Se non rispondo, si offende. Pare sia urgente. Allora, se è urgente, perché non mi hai chiamato? Trentenni. Antichi, moderni e confusi.


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