Sembrerà strano affermarlo in Italia, ma credetemi, non tutti sono appassionati di calcio. Non tutti guardano le partite ogni domenica. Non tutti vanno allo stadio e non tutti si buttano nelle fontane quando la Roma vince lo scudetto. Non tutte sopportano che il proprio ragazzo o marito provi un amore incondizionato verso il calcio, le partite e lo stadio. La domenica è monopolizzata, quando c’è il mercoledì di Champions la sera il divano è occupato. E poi ci sono le trasferte, lo stadio, e tante altre distrazioni legate al calcio che molte donne non sopportano.
D’altro canto è anche vero che moltissimi sono follemente innamorati del calcio, pazzi di Totti (chi non lo è), attendono la serata con gli amici per vedere la partita più di ogni altro appuntamento. E molte delle ragazze, compagne e mogli, alla fine si arrendono alle forze più forti di loro e si abituano all’idea di non avere alcun potere contro una partita di campionato. Si troveranno qualcosa da fare di domenica e il mercoledì sera se lo prenderanno per uscire con le amiche. Sperando poi sempre che il loro compleanno o anniversario non ricada proprio quando c’è il derby.
Mi rendo conto, però, che quando gioca l’Italia, la questione è diversa. E’ proprio come fosse un altro sport. L’Italia la vedono uomini, donne, vecchi e bambini. Italiani e stranieri in Italia. L’Italia unisce. Per l’Italia si fermano meeting importanti, si svuotano uffici e per le strade si smaterializzano macchine e pedoni. Ci si ferma in un bar a guardare la partita quando si è in viaggio, si sta con le auricolari e la radio accesa mentre si è in treno. Ci si incontra tra italiani con una birra quando si è all’estero. Quando sai che giocherà l’Italia la prossima estate ai mondiali, e tu…tu stai scegliendo la data del tuo matrimonio, rischi di andare nel panico, perché sai che se l’Italia arriverà in semifinale, quel giorno, quel 5 luglio che tu sognavi sin da bambina, tutti gli uomini si alzeranno dalla tavola e il calcio ancora una volta, avrà preso il sopravvento su tutto. Persino su un avvenimento importante come il tuo matrimonio. Perché il calcio ci ipnotizza. Però, in questo caso, se ci facciamo caso, più che il calcio a prendere il sopravvento è la nostra Nazionale. Perché credo che con i mondiali riemerga quello spirito di appartenenza alla nostra bandiera che spesso non sappiamo neanche di avere, cantiamo un inno che pensiamo di aver dimenticato, ma che invece conosciamo benissimo. Compriamo bandiere che appendiamo a terrazzi e sventoliamo fuori dai finestrini delle macchine. Ci dipingiamo la faccia di verde bianco e rosso. Tiriamo fuori tutto il nostro orgoglio nazionale. Siamo pieni della nostra Italia quando gioca l’Italia. E’ bellissimo.
Quindi noi tutti non vediamo l’ora che arrivino quei mondiali. Per riunirci, incontrarci, per insegnare ai nostri figli che cosa vuol dire il senso di appartenenza ad una squadra, al nostro paese, alla tua bandiera. E restare attaccati fino all’ultimo alla speranza con tenacia, credendoci, mentre guardiamo i nostri beniamini calciare quei rigori nei minuti supplementari. Una metafora della vita che insegniamo ai nostri figli, dunque. Dobbiamo crederci fino all’ultimo, sempre. Come quello che hanno insegnato a me, da piccola.
Il primo mondiale che ho seguito con trasporto per me è stato quello disputato in Italia. Italia ‘90, appunto. Avevo quasi sette anni e ricordo benissimo che da lì ho iniziato ad appassionarmi ai mondiali, all’Italia, a comprare la bandiera da appendere in giardino o da esporre in macchina.
Da quel mondiale, ho acquisito dei valori, appunto. Mi sono arricchita. Attraverso lo sport giocato in tv con la mia bandiera a sei anni iniziavo insieme a mio fratello a capire cosa volesse significare appartenere, sentire, condividere, tifare insieme, il senso della squadra, l’inno, il gioire insieme ed il soffrire insieme. Saltare, gridare e impazzire di gioia per un goal facendo tremare il palazzo!!! L’attesa del calcio di inizio e la voce di Pizzul. L’adrenalina dell’attesa. Attaccavo stickers di Italia ‘90 ovunque, su tutti gli armadi, per la gioia di mia madre. Per una maglia azzurra che iniziavo a conoscere e che rappresentava il paese nel quale ero nata.
Credo mi sia stato dato in quell’estate l’imprinting dei mondiali. E poi ho continuato così, fregandomene del campionato, seguendo con tanto cuore l’Italia. Fatto sta che ora di anni ne ho molti di più e nel 2006 l’Italia l’ho vista vincere ma ricordo benissimo che nel 1990 mi misi a piangere quando l’Italia perse. L’avevo presa sul serio io e nulla, era andata male. Eh sì perché, solo dopo, con il tempo, ho imparato che nello sport si vince e si perde. E che il fallimento fa parte della nostra vita e ci aiuta a rialzarci più forti. Ma io che ne sapevo a sei anni??
E come me, così tutti i miei coetanei, credo. Primi approcci al tifo dell’Italia. Pensando che non potesse perdere mai e che fosse invincibile. Eppure no, non è vero. Siamo costretti a disilluderci continuamente. E proprio così dobbiamo arrenderci all’idea che stavolta, nel 2018, ci toccherà saltare una generazione. Che amarezza ci lascia in bocca il pensare che non potremo tifare, condividere con i nostri figli quelle sensazioni lì? Loro che quest’anno l’hanno vista perdere molto prima di me e mio fratello ad Italia ’90. E quindi no, non avremo un’Italia da vedere. E quei bambini e bambine non lo impareranno né si appassioneranno nel 2018 alla nostra bandiera.
Che cosa dobbiamo fare? Nulla. Non è che cascherà il mondo per una partita dell’Italia. Andremo il week end al mare e le spose saranno più tranquille. Gli uffici non si svuoteranno e i pedoni e le macchine durante le partite continueranno a circolare. Andremo avanti comunque anche se la maglia dell’Italia quest’anno resterà nell’armadio. E i cinesi non venderanno bandiere. Né trombette.
E’ che la verità è che noi restiamo pur sempre italiani e ci ancoriamo alle tradizioni. E avremmo solo voluto vedere la nostra Italia in Russia e abbracciarci insieme davanti alla tv la prossima estate. Ci piace tifare, seguire quella palla e veder vincere, perché noi ci impersonifichiamo nei nostri idoli mentre li guardiamo. Come se guardassimo un film. E noi, un po’ come i buoni che vincono sui cattivi vorremo sempre vederli vincere. E non pensavamo che fosse possibile vedere l’Italia esclusa ai mondiali. Magari ci dispiace per i bambini che dovranno aspettare ancora quattro anni per sentire quell’adrenalina e per coloro che sono appassionati di calcio e comunque li guarderanno i mondiali, quelli degli altri però. Non c’è niente da fare vincere è bello. E noi avremmo solo voluto urlare Viva l’Italia! Non chiedevamo mica tanto in fondo. E in questo momento ci verrà una grande nostalgia di Del Piero con il suo uccellino e l’acqua rocchetta. Dei Kinder Ferrero sponsor dell’Italia e del Sega Master System World Cup italia ’90. Che dire. Andando avanti così, mica me lo faranno passare il mio debole per gli anni 90! Ed è subito voglia di andare a giocare al Sega Master System…prima una partita a calcio e poi…giochiamo a Sonic però.
W l’Italia!